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I messaggi di Impagnatiello a Giulia due giorni prima di ucciderla: “Vuoi lasciarmi, ma che madre sei?”. E dopo l’omicidio: “Batti un colpo”

Su Whatsapp tensioni e scontri tra i due, ma anche il tentativo di Alessandro di deviare le indagini dei carabinieri

«Ma veramente prima ancora di far nascere un bambino tu vuoi già dividerci? Vuoi farlo nascere con due genitori già separati ? Ma che madre sei !!!!! Ma te lo chiedi». Tre messaggi in rapida successione inviati da Alessandro Impagnatiello alla compagna Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi, il pomeriggio di giovedì 25 maggio, due giorni prima di ucciderla. I due ragazzi sono nel pieno dell’ennesima discussione legata al tradimento di Impagnatiello di cui Giulia è a conoscenza già da alcuni mesi. «Accetta la mia decisione e chiudiamo discorso. Non voglio altre discussioni, frustrazioni, ansie e rabbia continua, lasciami stare. Non sono felice e vorrei ritrovare la mia tranquillità. Basta», scrive Giulia qualche minuto prima. E ancora: «Condividiamo una casa finché sarà necessario». La chat su Whatsapp tra Impagnatiello e Giulia è agli atti dell’inchiesta per l’omicidio pluriaggravato, soppressione di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. «Io non voglio più combattere e vivere una vita non soddisfatta al fianco della persona sbagliata. Non ho fiducia in te e non ne avrò mai. Ormai il vaso è rotto. Ed io non voglio sistemarlo», chiude il discorso quel giorno Giulia. L’ultima parola, però, se la prende Impagnatiello: «Non ti fa per nulla onore parlare così, per niente proprio».

Nella conversazione c’è poi la lite per il ritrovamento di un rossetto nella Volkswagen T-Roc di Impagnatiello. Uno stick che non apparteneva a Giulia e si scoprirà solo il giorno dell'omicidio essere di A., l’amante italo-inglese di 23 anni del barman trentenne di locali esclusivi in centro a Milano. «Che cavolo ne so, non ne ho minimamente idea!», si difende il 9 maggio Impagnatiello in chat. «Mio non è, è di qualcuno che è stato sul lato passeggero e sarà caduto. Chi è entrato in macchina?», insiste Giulia. Lui continua a giurare di non saperne nulla. Giulia non molla e lo mette alle strette: «Non è caduto niente di generico ma qualcosa di estremamente specifico, un rossetto da donna. Dal momento che non è mio significa che qualcuno lo ha perso. Le cose non compaiono all'improvviso, non può crescere un rossetto in macchina». Replica stizzito Impagnatiello: «Non so di chi cazzo sia quel rossetto». La risposta non convince Giulia: «Ieri chi è salito in macchina? Rispondi come si deve sennò non ti rispondo più e mi vedrai nel binocolo. Deficiente non sono». Sul rossetto Giulia tornerà il 27 maggio, poche ore prima di essere uccisa. «ll labello era di A.», scrive a Impagnatiello dopo essere stata contattata dall’altra donna.

Tra gli altri messaggi estrapolati dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano, coordinati dalla pm Alessia Menegazzo, ci sono poi quelli che Impagnatiello ha inviato alla compagna quando era già morta. Quelli che per gli inquirenti sono stati un goffo tentativo di sviare i sospetti su di lui. «Ho i giornalisti che mi stanno molestando sotto casa, ti prego è invivibile così. Mia mamma piange, mio fratello e Luciano pure, ti prego, fallo per mio figlio! Lo sai quanto è legato a te» e «Siamo al 4 giorno oggi (dalla scomparsa, ndr) finiscila con questa storia e batti un colpo, ti supplico». Sono gli ultimi due mandati alle 7.43 del mattino del 31 maggio. La notte stessa crollerà indicando agli investigatori il luogo dove ha nascosto il corpo.

Pubblicato su La Nuova Venezia