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“Il mio amico Bergoglio diventato papa Francesco. Oggi come allora ha uno sguardo profetico sui problemi globali. E un fine senso dell’umorismo”

Intervista con Marcelo Figueroa, pastore protestante, biblista, direttore dell’edizione argentina dell’Osservatore Romano. Per il decimo anniversario del pontificato sta girando l’Italia a raccontare il Pontefice visto da vicino: «La sua è una vita di coerenza, modestia, vicinanza e profonda spiritualità»

CITTÀ DEL VATICANO. Nel privato e nel quotidiano la vita del Pontefice è caratterizzata da «coerenza, modestia, vicinanza e profonda spiritualità». Da sempre papa Francesco mantiene «uno sguardo profetico sui problemi globali», interni ed esterni alla Chiesa. E ha «un fine senso dell’umorismo». Parola di Marcelo Figueroa, presbitero argentino della Chiesa presbiteriana, biblista, direttore dell’edizione argentina dell’Osservatore Romano, autore del libro «Le diversità riconciliate. Un protestante nel giornale del Papa», e coautore di «Conversazioni sulla Bibbia con Jorge Mario Bergoglio e Abraham Skorka», entrambi pubblicati da Libreria Editrice Vaticana. Il Pastore protestante sta girando l’Italia tenendo conferenze per consentire di conoscere meglio il Vescovo ci Roma «tramite la testimonianza di un fratello nella fede e di un amico di lunga data, nel contesto del decimo anniversario del pontificato», spiega il sito della Santa Sede Vatican News.

Come è nata e come è cresciuta la sua amicizia con Jorge Mario Bergoglio?

«Conobbi Monsignor Bergoglio quando ero segretario generale della Società Biblica Argentina, ruolo che ho ricoperto per 23 anni. Il fare parte della fraternità mondiale delle Società Bibliche Unite, fraternità impegnata nella traduzione e diffusione della Bibbia, di origine protestante e dall’estensione e servizio ecumenico, aiutò l’avvicinamento reciproco. La mia relazione con l’Arcivescovo di Buenos Aires si sviluppò per molti anni, a partire dal 2000 circa, trovando punti di incontro comprendendo che la Bibbia è il libro ecumenico per eccellenza. Da una relazione fraterna, condividendo atti, celebrazioni, progetti e incontri, si passò ad una amicizia fraterna. Questa amicizia fraterna, sempre rispettosa e sempre cosciente, da parte mia, della asimmetria tra un laico - poi presbitero - protestante e un cardinale - poi Sommo Pontefice - cattolico, divenne una amicizia personale con una estensione famigliare. Se lui non avesse utilizzato per primo il temine “amico” (parola sacra per Bergoglio), io non mi sarei mai spinto ad utilizzarla. A partire dal 2010, quando cominciai a lavorare per l’Arcivescovado di Buenos Aires e per il suo canale televisivo, e a partire dal 2013, anno in cui Bergoglio è stato consacrato Francesco, e poi con il mio ruolo a L’Osservatore Romano, questa relazione di amicizia si è ad oggi approfondita molto».

Come ha reagito quando Bergoglio è diventato Papa?

«Prima di partire per il Conclave, Bergoglio mi chiamò al telefono per congedarsi. Mi disse che la sua assenza sarebbe stata breve e che sarebbe tornato per registrare il successivo programma del ciclo “Bibbia, dialogo attuale” sul tema, concordato, “l’amicizia”. In tutta franchezza, lo credevo anche io, non mi immaginavo che sarebbe potuto essere eletto Papa. Questo non significa che non lo desiderassi. Al momento dell’annuncio mi trovavo negli studi del canale televisivo dell’arcivescovado. Insieme ai mie colleghi, da un piccolo televisore, vedemmo con stupore, emozione e sorpresa, la proclamazione di Bergoglio come Papa Francesco. Ricordo un insieme di sensazioni in quel momento: l’emozione, la sorpresa, l’allegria, la confusione e la sensazione di essere testimone privilegiato di qualcosa di storico, a livello nazionale e mondiale. Un Papa argentino! Un Papa amico! Ci volle del tempo per poter assimilare quel momento. Senza dubbio, mi è sempre stato chiaro che il Papa e il “famoso” è lui. Credo che nel suo ampio percorso nella Chiesa Cattolica, in qualche modo lui fosse preparato a essere Papa. Senza dubbio, nessuno degli amici, in modo particolare i non cattolici, era preparato ad avere un amico Papa. Fu necessario molto tempo per comprendere e assimilare il tutto».

È cambiato qualcosa nel carattere di Bergoglio dopo che è diventato Pontefice?

«Per quanto riguarda il suo carattere e la personalità profonda e personale, non è cambiato nulla. Mi riferisco al suo stile di vita sobrio, ai suoi gesti di vicinanza agli umili, al modo di gestire situazioni complesse, alla sua spiritualità, al suo modo di leggere il Vangelo, alle sue abitudini quotidiane e alle sue abitudini lavorative che guidano il suo stile di vita. Tutto ciò riflette la sua coerenza, la solidità della sua personalità e una forza ammirabile. Naturalmente, nel suo sguardo mondiale, ecumenico e politico non è Bergoglio, bensì Francesco. Egli è riuscito a mantenere uno sguardo non solo attuale ma anche - e principalmente - profetico della dinamica dei problemi globali. Situazioni migratorie mai viste, inedite persecuzioni ai cristiani, due anni di pandemia, un anno di guerra, una profonda riforma interna della Chiesa e moltre altre situazioni lo hanno trasformato in un’altra persona. Il Francesco che ne deriva è un punto di svolta a livello ecclesiale, mondiale e geopolitico. È tutto ciò, ripeto, senza cambiare il lume ed il centro della sua vita. Infine, entrambe le dinamiche sono sempre guidate da una forte dipendenza dallo Spirito Santo e da uno sguardo personalissimo e incarnato dei Vangeli».

Ci descrive Jorge Mario Bergoglio nel privato, nella quotidianità?

«Nel privato e nel quotidiano la sua è una vita di coerenza, modestia, vicinanza e profonda spiritualità. Nella sfera personale, intima, so che mantiene l’abitudine di svegliarsi molto presto, all’alba, per meditare sui Vangeli e pregare. Come a Buenos Aires, mantiene un’agenda di riunioni e incontri permanenti per tutto il giorno, va a dormire presto e riposa serenamente. Molti, specialmente coloro che lo accompagnano negli estenuanti voli papali, si stupiscono di come riesca a riprendere senza problemi la sua agenda il giorno seguente. È proprio sul mantenimento delle sue abitudini quotidiane che si fonda il suo schema di riordino quotidiano che gli da sicurezza e forza. Per quanto concerne gli incontri privati, è lo stesso di sempre, lo dico non solo per esperienza personale ma anche perché riferitomi da conoscenti e amici. In ogni incontro personale si concentra, si focalizza con tutti i suoi sensi su ciò che ha davanti. Egli fa sentire che può astrarsi dalle questioni più grandi che deve affrontare per dedicare tutto il tempo ad ascoltare con empatia e rispondere con saggezza a chi gli sta davanti. Mantiene il suo fine e immancabile senso dell’umorismo, facendo sentire l’interlocutore come un suo pari. Spetta a coloro che stanno con lui la saggezza di approfittare della vicinanza rispettando, al tempo stesso, il suo ruolo. Questo non solo durante gli incontri personali, bensì - e specialmente - dopo. Bergoglio rispetta molto la confidenzialità e il profilo cauto di coloro che lo frequentano. Non lo chiede mai, ma sappiamo che è ciò che preferisce. Profilo basso e ritegno nel citare, in circostanze pubbliche, ciò che è accaduto in un incontro privato, solo se necessario e consultandolo sempre preventivamente».

Ci racconta un aneddoto simpatico e magari inedito della vostra amicizia?

«Alcuni anni fa, in occasione dei 25 anni di matrimonio, io e mia moglie Emilse organizzammo un viaggio di festeggiamento in Europa e ovviamente anche a Roma. Era una domenica di agosto 2016, prima di partecipare all’Angelus, Francesco ci aspettava in udienza privata, come concordato in precedenza. Sebbene gli avessi accennato delle nostre nozze d’argento, non pensavo si sarebbe ricordato, nonostante tutte le sue importanti attività. Francesco ci ricevette a Santa Marta. Lì ci donò due medaglie d’argento, di cui esistono poche copie, con l’iscrizione “Franciscus P.M. Anno VII”. Dopo questo gesto emozionante, gli chiedemmo una preghiera per noi a titolo di rinnovo dei voti matrimoniali. È divertente ed emozionate il fatto che un Papa cattolico abbia benedetto, con una cerimonia intima, il rinnovo delle promesse di un matrimonio protestante. Questo riassume la vicinanza di Bergoglio a mia moglie, la stessa che ha con mia figlia, che conosce da quando era piccola e con mio figlio, il quale ha lavorato per il Canale televisivo dell’Arcivescovado quando Bergoglio era Cardinale. La sua amicizia, la sua vicinanza e il suo affetto hanno saputo abbracciare tutta la mia famiglia che vuole bene al Papa, lo ammira e prega per lui sempre».

Secondo lei quali sono i momenti principali di questi dieci anni di pontificato?

«Sono vari e differenti tra loro, nel contenuto, nella circostanza, nell’impatto e nella trascendenza. Proverò a evidenziarne alcuni. Poco dopo la proclamazione come Papa, il viaggio a Lampedusa che pose in agenda il dramma dei migranti in quel Mediterraneo che ha poi definito varie volte come un grande cimitero. Il viaggio negli Stati Uniti e il discorso al Congresso, importante in termini geopolitici. Precedentemente a Cuba, non dimentichiamo che in aeroporto si tenne l’incontro storico con il Patriarca ortodosso Kirill. Nel frattempo egli aveva pubblicato l’Enciclica Laudato si’, un pilastro forte del suo pontificato universale. Il discorso ai movimenti popolari in occasione della visita in Bolivia nel 2015. In occasione di quel viaggio parlò, da un “pulpito periferico”, dall’Araucanía all’Amazzonia, a tutta l’America Latina e al mondo. I suoi viaggi in Africa, il continente dimenticato. Dalla Repubblica Centrafricana con l’incontro con il mondo musulmano, fino all’ultimo viaggio in Congo e Sud Sudan, un pellegrinaggio ecumenico in zone di guerra pericolosissime. Il documento di Abu Dhabi con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, fondamentale nel dialogo interreligioso con il mondo musulmano e con tutte le religioni del mondo. Questo documento fu una delle fonti inspiratrici della sua Enciclica Fratelli tutti, un altro dei pilastri del suo pontificato. Quest’ultima fu scritta durante la pandemia del Covid 19, il che le conferisce un contesto profetico e storico e una collocazione in uno spazio speciale e unico nella storia mondiale. Nel momento peggiore della pandemia, il suo camminare in solitaria, la notte del 27 marzo 2020, durante la Statio Orbi, in occasione della quale parlò al mondo intero affinché non perdesse la fede e per dire che eravamo tutti sulla stessa barca. Le sue instancabili chiamate alla pace e l’offerta di aiutare processi che fermino la guerra mondiale in corso da un anno. Si potrebbero citare altri episodi, di un Papa pieno di semiotica simbolica, parola profetica e lettura del kairos storico alla luce del Vangelo».

In che cosa secondo lei Francesco sta incidendo in modo particolare per il bene della Chiesa dal punto di vista teologico, del magistero e pastorale?

«Sebbene io non sia un esperto di ecclesiologia, né del magistero cattolico romano, posso esprimere alcuni pensieri dal punto di vista protestante. Dal punto di vista teologico, egli ha una profondità ermeneutica innovativa e fresca nella lettura dei Vangeli. La sua cristologia è estremamente importante in questo tempo, data la sua enfasi per l’incarnazione del messaggio cristiano e l’inculturazione del Vangelo, con uno sguardo verso una conversione ecologica integrale. Egli è riuscito a tradurre in termini mondiali, e applicare in situazioni particolari, la teologia del popolo nata in Sud America. Essa consiste nel proporre che il Vangelo ci guardi con gli occhi del popolo umile e periferico il quale si costituisce come soggetto mitico ermeneutico imprescindibile. Dal punto di vista del magistero, Evangelii Gaudium e Amoris Laetitia sono fondamentali. Lo sono anche altri documenti fondamentali, Misericordia et miseria e Querida Amazonia, per citarne due. Da un punto di vista pastorale, credo che il suo esempio con gesti, azioni, omelie sempre centrate su un Gesù vicino, misericordioso, migrante, perseguitato e povero. Ponendo al centro del suo sguardo pastorale il Vangelo e il Discorso della montagna (Mt. 5-7) e Matteo 25, ha collocato l’essere Cristiano in una dimensione inclusiva, contro-culturale e controcorrente, lontano da ideologie, consumismi ed esclusivismi».

E per il bene dell’umanità, dal punto di vista socio-politico? Quali sono i messaggi del Papa che in questo momento storico tutti, credenti e non credenti, dovrebbero ascoltare?

«Credo che le Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti siano due documenti che debbano essere studiati da tutto il mondo educativo e sociale. In entrambi si rinviene uno sguardo attuale, profetico, ecumenico e fondamentale del pensiero di Francesco sul presente e il futuro. Da un lato, il suo sguardo a 360 gradi sul senso dell’ecologia integrale e integrante e sull’urgenza del momento alla luce dei cambiamenti climatici, con gli stati potenti sordi agli accordi internazionali e con le loro politiche estrattive. Dall’altro lato, l’urgenza di costruire tutti, non solo le religioni, ma anche le visioni del mondo originarie e qualunque visione trascendente di persone di buona volontà, un mondo di fratelli e pari. Relativamente ai suoi discorsi e al suo sguardo geopolitico, per esempio i già menzionati discorsi in occasione della visita al congresso degli Stati Uniti nel settembre del 2015, quello ai movimenti popolari nel luglio del medesimo anno in Bolivia e il messaggio nella Statio Orbi in Piazza San Pietro nel marzo del 2020. Infine tutti i suoi discorsi annuali, per esempio ai giudici, nel giorno della pace, nel giorno dei poveri, nelle comunicazioni ai diplomatici accreditati presso la Santa Sede».

Lei ha scritto: «Come sorprendersi che si sia voluto stigmatizzare Francesco identificandolo con ogni sorta di ideologia, politica, economica?». Quale risposta si è dato?

«Il riferimento è al primo articolo del libro “Cosa si deve leggere per comprendere Francesco”. L’articolo rimarca la centralità del Vangelo e la vita di Gesù non solo come fonte ispiratrice nella vita di Bergoglio ma anche come modello incarnato della sua missione ecclesiale. Nello stesso articolo sottolineo che Gesù osò attraversare frontiere con sorprendente libertà e spontaneità. Lo fece onorando il primo comandamento di amore a Dio e al prossimo. Ebbe il coraggio di toccare i lebbrosi e addirittura la bara del figlio morto di una donna di Nahúm; lasciava che la folla lo stringesse e fece fermare il corteo per assistere una donna con una malattia considerata impura. Esempi concreti di incontro interreligioso: riconobbe pubblicamente la fede di una donna sirofenicia ed ebbe una animata conversazione teologica con una donna samaritana. Si comprende perché Francesco, nel nome di questo amore cristo-centrico, sconvolge i protocolli di sicurezza per avvicinarsi personalmente a coloro che soffrono? Come non considerare che la misericordia è stata sin dal principio una grande parola di cui il Papa ha compreso il significato e contenuto più profondo, colpito dai gesti del Messia, che per alcuni sfidano il politicamente corretto? Perché non pensare che nel suo insistente avvicinamento alle altre religioni, specialmente quelle abramitiche, è una corretta interpretazione della missione cristologica più pura? Sono stati infruttuosi i tentativi di etichettare Gesù. Con l’obiettivo di dominarlo, accusarlo e usarlo egli è stato identificato con gli zeloti, i farisei e gli erodiani, i sadducei e addirittura con le forze del male. Lo misero in imbarazzo con il potere politico e in conflitto con quello religioso, interrogandolo sul dover pagare o meno le imposte all’Impero». 

Lei che cosa si aspetta nel futuro prossimo del pontificato?

«Credo che dobbiamo aspettarci ancora molto dal pontificato di Francesco. Le sue linee pastorali sono chiaramente marcate e penso che si approfondiranno, si rafforzeranno e si amplieranno ancora di più. In un mondo in guerra mondiale, con la tragedia dei migranti in aumento, con conflitti in corso in troppi paesi, disuguaglianze sociali sempre più profonde, una situazione quasi irreversibile di danno planetario e assenza di leader mondiali rispettati, papa Bergoglio ha un posto fondamentale. Potremmo pensare che, semplicemente, seguire la sua eredità, compiere e diffondere tutto il suo lavoro, parzialmente descritto in queste righe, sia sufficiente per affrontare un presente e un futuro così complesso. Potrebbe essere, ma sarebbe infinitamente migliore con lo sguardo, la voce profetica e l’influenza planetaria di Francesco. Dieci anni sono un tempo lungo, ma sembra breve quando uno descrive tutto ciò che Francesco ci ha già lasciato, in circostanze storiche e drammatiche. Senza dubbio, la Chiesa, le altre confessioni religiose, le persone di buona volontà, leader politici e formatori di educazione e opinione possono trovare ancora di più in Francesco, più di quello che la sua spiritualità può offrire, più di quello che il Signore possa donare per il bene di tutti. Francesco è come il padrone saggio del Vangelo “sa estrarre dal suo forziere tesori vecchi e nuovi”».

Dal suo libro emerge un tratto spesso sottaciuto del pontificato di Francesco: il cammino ecumenico, ovvero il tentativo di ritrovare l’unità dei cristiani...

«Credo che l’ecumenismo, nei termini di unità tra i cristiani, sia stato uno dei pilastri fondamentali e delle principali vie del pontificato di Francesco. Il bilancio è estremamente positivo. Francesco ha saputo muovere il dialogo tra i cristiani alle situazioni di ogni realtà ecclesiale e anche alla realtà sociale e geopolitica mondiale. Un modo semplice per comprendere questa dinamica è analizzare le aggettivazioni o complementarietà che il termine ecumenico ha avuto in tutti questi anni. L’ecumenismo della preghiera, della misericordia, della solidarietà, della carità, della pace, del sangue, ecc. Allo stesso modo, Francesco è stato in grado di coordinare gli orologi del kairos dei tempi ecclesiali con il cronos della politica mondiale. In questo modo, l’ecumenismo è stato un sano e saggio strumento della oliata diplomazia vaticana. Dobbiamo citare nuovamente l’Enciclica Laudato si’ che inizia con un riferimento al Patriarca Bartolomeo della Chiesa Ortodossa (LS #8). L’ecumenismo nel pontificato del Papa argentino è talmente significativo che non si comprende debitamente se non si analizza profondamente questa profonda convinzione e impegno di unità, seguendo il mandato di Gesù (Jn. 17, 21). Conoscere la semiotica del suo ecumenismo, la forza dei suoi gesti, il linguaggio dei suoi silenzi, la profondità delle sue parole e il significato trascendente delle sue azioni concrete sarà indispensabile per comprendere la visione e la missione di Francesco. Con questi primi dieci anni di papato, e con il suo lascito, non ancora completo, il Papa argentino ci chiama a costruire insieme ponti verso una Oikouméne (mondo abitato, radice etimologica di ecumenismo), speranzosa e errante verso l’unità sognata e pregata dallo stesso Gesù Cristo».

LE CONFERENZE DI FIGUEROA SU PAPA FRANCESCO

Questa sera interviene a San Bonifacio (Vr); giovedì a Brescia; venerdì a Modena; lunedì a Bari; martedì a Molfetta (Ba). Tutte le informazioni dettagliate su www.libreriaeditricevaticana.va

Pubblicato su La Nuova Venezia