Via al processo a Venezia per l’omicidio Cecchettin: Turetta rischia l’ergastolo
Oggi in Corte d’assise il via al procedimento, l’imputato non sarà presente. Numero chiuso in aula per evitare il clamore mediatico
I treppiedi delle telecamere Rai già montati, alcune telecamere già puntano verso lo scranno dei giudici. Dietro i banchi sui quali siederà il pubblico ministero Andrea Petroni, gli avvocati di parte civile e il difensore Giuseppe Caruso, sono stati numerati i posti a sedere equamente suddivisi tra stampa e pubblico.
Conto alla rovescia per l’inizio del processo a carico di Filippo Turetta, su cui pende l’accusa della Procura di omicidio premeditato nei confronti di Giulia Cecchettin aggravato dalla crudeltà e dai legami affettivi, oltre all’occultamento di cadavere, al porto d’armi e allo stalking, per le decine di migliaia di messaggi e la “georeferenziazione” del cellulare della giovane. Venerdì, a distanza di 72 ore dall’inizio del processo, nuovo sopralluogo nell’aula del tribunale di Venezia, a piazzale Roma, per il presidente del collegio giudicante, Stefano Manduzio, e per la giudice Francesca Zancan.
Oggi lunedì 22 settembre è infatti in programma la prima udienza organizzativa, di costituzione delle parti e presentazione delle liste testi, per uno dei processi più attesi dell’anno. L’imputato non si presenta
Come già anticipato, il giovane padovano potrebbe non essere in aula. Una scelta concordata con il proprio legale, con l’obiettivo di restare almeno per il momento alla larga dalle telecamere e di mantenere un profilo basso dopo il clamore nazionale sollevato dal caso.
Da qualche giorno sono infatti scaduti i termini per la presentazione della liste testi e l’avvocato difensore Giovanni Caruso ha presentato solo quello del proprio consulente medico legale, confermando anche che non sarà avanzata richiesta di perizia psichiatrica.
Ciò non toglie che, nel prosieguo del processo, una perizia possa essere richiesta dalla stessa Corte d’assise (accanto al presidente Manduzio, la giudice Francesca Zancan e i sei giurati popolari).
La difesa non cercherà quindi di allungare i tempi o trovare “scusanti”, ma non si opporrebbe certo a un’eventuale decisione della Corte stessa, qualora fosse il presidente Manduzio a disporre una perizia per definire non tanto la capacità di intendere e volere di Turetta – sinora mai messa in discussione e confermata anche nel corso dell’interrogatorio – quanto il suo status emotivo-mentale al momento del delitto. Parti civili in aula
Ci saranno, invece, insieme all’avvocato Stefano Tigani, il papà e la sorella di Giulia: Gino ed Elena Cecchettin, che da quel terribile 11 novembre – quando la giovane bio-ingegnera che amava la grafica per bambini scomparve nel nulla, fino al ritrovamento (una settimana più tardi) del suo corpo straziato, nascosto nell’anfratto di una scarpata nel “nulla” delle strade di novembre attorno al lago di Barcis – sono diventati la voce della figlia, della sorella e delle donne e ragazze vittime di femminicidio in Italia.
Oltre a loro due, sono altri 28 i testi citati nella lista depositata dal pubblico ministero Andrea Petroni chiamati a ricostruire in aula la tragedia di una vita spezzata a 22 anni da 75 coltellate. Tra loro anche gli investigatori dei carabinieri che, nel novembre di un anno fa, ricostruirono passo dopo passo la fuga di Turetta fino alla sua cattura in Germania.
Così come saranno presenti anche le amiche che hanno raccontato in questi mesi degli sfoghi di Giulia, oppressa dall’ossessione di Filippo che non accettava di essere stato lasciato sfociata nella doppia aggressione fatale a Vigonovo, nei pressi della casa della ragazza, dopo un pomeriggio nel centro commerciale Nave de Vero a Marghera. Rischio ergastolo
Pur rischiando l’ergastolo, i tempi del processo si preannunciano rapidi. A luglio Turetta, attualmente detenuto nel carcere di Montorio a Verona, ha rinunciato all’udienza preliminare optando per il rito immediato, che non prevede appunto il filtro dell’udienza preliminare davanti al giudice, ma il giudizio direttamente davanti alla Corte d’assise.
La decisione di accelerare i tempi, come aveva spiegato al riguardo l’avvocato Caruso nel mese di luglio, «consegue ad un percorso di maturazione personale del gravissimo delitto commesso, e alla volontà che la giustizia faccia il proprio corso nei tempi più rapidi possibili e nell’interesse di tutti». L’obiettivo è di non trascinare troppo a lungo il processo, tant’è che la difesa potrebbe anche proporre l’acquisizione degli atti a processo evitando così le testimonianze in aula (solo la Procura ha depositato una lista di trenta persone), le ricostruzioni laceranti sui particolari del delitto. La linea difensiva
L’unico modo in cui Filippo Turetta può evitare l’ergastolo è far cadere l’aggravante della premeditazione. Ed è proprio su questo punto che si concentrerà la linea difensiva dell’avvocato Giovanni Caruso.
Una linea difensiva emersa, peraltro, già lo scorso primo dicembre durante il primo interrogatorio di Filippo Turetta. Il 23enne di Torreglia reo confesso per l’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, di Vigonovo, davanti al pubblico ministero Andrea Petroni aveva infatti cercato di allontanare da sé l’accusa di premeditazione che invece gli viene mossa, come aggravante, dalla procura di Venezia.
I due coltelli messi in «macchina, presi dalla cucina di casa mia, qualche giorno prima, perché avevo anche avuto pensieri suicidi». Lo scotch «comprato poco prima se mai mi fosse servito per attaccare il papiro e i volantini e le fotografie mie», «in generale, lo portavo in auto per attaccare qualsiasi cosa». Lo zaino in cui c’era «un po’ di tutto, un astuccio con posate, condimenti, medicine, una cassa, fazzoletti, un bastone per le fotografie, delle foto, un accendino, una chiavetta, forbici, un tablet, power bank, oggetti vari». E poi la felpa e i pantaloni di ricambio, cibo, da bere.
«Tenevo sempre dei vestiti di ricambio se mi fossero mai dovuti servire». Il pubblico ministero gli aveva anche chiesto conto dei sacchi neri presenti in macchina. «Sì, li avevo in macchina, li avevo già usati prima, me lo ricordavo e subito mi è venuto in mente di usarli come ho fatto quando mi sono liberato del corpo».
Affiancato dagli avvocati difensori Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, Turetta nella sua ricostruzione aveva provato a fornire una giustificazione per tutti gli elementi che, nell’impostazione della procura di Venezia, delineano invece il contesto di un delitto pianificato e organizzato con una lista di cose da fare – scritta in una app per gli appunti e poi cancellata – per uccidere Giulia: fare il pieno, nastro adesivo, una spugna bagnata in bocca.
Nel corso dell’interrogatorio, Turetta aveva anche raccontato l’incapacità di accettare la libera scelta di Giulia di non frequentarlo, le fasi dell’aggressione, la fuga prima in Austria e poi in Germania, i tentativi di suicidarsi, senza però riuscirci, dopo aver ucciso la ragazza a coltellate nella V strada della zona industriale di Fossò. —
Pubblicato su La Nuova Venezia