Femminicidio Cecchettin, sarà un processo lampo. Turetta in una lettera: «Mi faccio interrogare»
Lunedì 23 settembre davanti alla Corte d’assise di Venezia la prima udienza per l’uccisione della studentessa. Papà Gino: «Nessuna vendetta». Il procuratore Cherchi: «Non sia un processo ai femminicidi». Sentenza prevista il 3 dicembre
Potrebbe giungere già il 3 dicembre la sentenza della Corte d’Assise chiamata a decidere se Filippo Turetta debba o meno essere condannato all’ergastolo (o a quale pena) per l’omicidio di Giulia Cecchettin.
Atteso da una folla di telecamere e cronisti (lasciati tutti fuori dall’aula, tranne venti giornalisti accreditati ed altrettanti posti per il pubblico) è iniziato alle 9.30 di lunedì 23 settembre il processo per il femminicidio della 22enne ingegnera con la passione della grafica per bambini.
Un assassinio premeditato aggravato dalla crudeltà, dai rapporti affettivi, dallo stalking, oltre ai reati di sequestro di persona e occultamento di cadavere, recita l’accusa mossa dal pubblico ministero Andrea Petroni. Sarà un processo lampo
Un processo che – contrariamente alle possibili premesse – potrebbe invece concludersi in pochissime udienze. Un processo lampo.
Il 25 e 28 ottobre è in calendario l’interrogatorio di Filippo Turetta. Il 25 e 26 novembre ci sarà la discussione di accusa e difesa.
L’avvocato difensore Giovanni Caruso si è fatto, infatti, portavoce di una lettera sottoscritta dallo stesso Turetta e inviata alla Corte, con la quale si rende disponibile a essere interrogato in aula e ad accettare l’acquisizione di tutti gli atti del fascicolo della pubblica accusa. Tradotto: un processo dibattimentale che prevede che la prova sia acquisita in aula attraverso testimonianze e contro interrogatori diventa così un “processo con rito abbreviato senza lo sconto di pena” normalmente previsto dal rito. Una conclusione auspicata dalla Procura. Turetta sarà sentito
«E’ giusto che Filippo Turetta venga in aula a dire quanto è accaduto e a renderne conto alla Corte, alla famiglia Cecchettin per prima e alla comunità tutta», ha detto l’avvocato Caruso, «Le indagini sono state fatte bene, sono state accurate e noi acquisiamo come tali: spetta alla Corte decidere se vorrà approfondire alcuni aspetti».
E’ certo che il “profilo basso” cercato sin dall’inizio sia dalla difesa sia dall’accusa abbia preso corpo e sia stato accolto dalla Corte d’Assise presieduta da Stefano Manduzio, giudice a latere Francesca Zancan: il processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin potrebbe concludersi in poche udienze. Le parti civili: chi c’è
La stessa Corte ha dato il proprio contributo a ridurre le parti in causa, rigettando tutte le richieste di costituzione di parte civile arrivate dai Comuni di Vigonovo e Fossò e da cinque associazioni che si occupano di lotta alla violenza di genere.
Parti civili restano, ovviamente, i familiari di Giulia: il papà Gino (per il quale l’avvocato Stefano Tigani ha chiesto un risarcimento di un milione di euro), la sorella Elena (con l’avvocato Nicodemo Gentile), il fratello Davide e lo zio Alessio (per i quali l’avvocato Coluccio ha chiesto un risarcimento, rispettivamente di 380 e 180 mila euro), la nonna Carla (con l’avvocato Antonio Cozza). Complessivamente, due milioni di euro: un atto quasi simbolico. Il processo
Di questo processo ormai tutt’Italia sa tutto. Di come Filippo Turetta abbia accoltellato a morte Giulia Cecchettin, l’ex “morosa” conosciuta tra i banchi della facoltà di Ingegneria: lei lo aveva lasciato, lui non si era rassegnato; lui minacciava di uccidersi e lei continuava così a vederlo, per paura che lui si facesse del male. Invece sappiamo, purtroppo, come è finita.
Si sono persino già viste le immagini dell’interrogatorio nel quale Turetta – subito dopo l’arresto, dopo una settimana di fuga - ha confessato con voce mono-tona quello che non poteva negare, ripreso dalle telecamere della strada di Fossò che hanno immortalato l’orrore.
Lei per sempre 22enne. Lui, in quest’anno in carcere, nel frattempo “cresciuto”: 23 anni.
A questo punto – ma è sempre stato così davanti ad accuse tanto precise - c’è un unico, vero punto interrogativo che questo processo dovrà sciogliere. Per quanti anni, Filippo Turetta resterà in cella? Sarà ergastolo o qualche anno gli verrà risparmiato dalla Corte, per la giovane età senza precedenti penali, per il suo comportamento processuale, per l’ammissione delle proprie responsabilità? Sarà riconosciuta la premeditazione imputata dalla Procura?
Se tutto andrà come previsto, lo si saprà il 3 dicembre. Gino Cecchettin: «Non so se verrò alle prossime udienze»
«Non so se ci sarò alle prossime udienze». Così Gino Cecchettin, padre di Giulia, a margine della prima udienza, «Oggi è un giorno di grande dolore, come tutti gli altri giorni del resto. Stamattina a casa non ho parlato del processo, ho salutato tutti come ogni giorno e sono venuto qui» dove «sono sicuro che il Giudice, il collegio, sapranno ben giudicare quanto è successo con la pena giusta che sarà stabilita dalla giuria».
«Non mi interessa», ha quindi proseguito, «se sarà un processo veloce o lungo, anche se per me è uno stillicidio, non sto assolutamente bene: ogni giorno penso a Giulia». Cherchi: «Non è un processo contro i femminicidi»
“Questo non è processo contro il “femminicidio” ma il processo contro il singolo Filippo Turetta, che risponderà dei fatti che gli sono contestati”.
Così il procuratore di Venezia Bruno Cherchi commenta l’avvio del processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin, che ha richiamato in Tribunale oltre a una vera e propria folla di giornalisti, anche dall’estero, e che ha visto la richiesta di costituzione di parte civile – oltre, naturalmente, alla famiglia Cecchettin - anche dei comuni di Vigonovo e Fossò scenario del delitto e di sei associazioni di difesa dei diritti delle donne e contro la violenza di genere.
Punto sul quale la Corte d’Assise presieduta dal giudice Stafano Manduzio ha sospeso alle 10.30 l’udienza, per permettere alle parti di valutare le richieste.
«Se si sposta il quadro primario del processo a Filippo Turetta a obiettivi più ampi, si snatura il processo, che non è uno studio sociologico: quello si fa in altre sedi e in altri tempi», ha proseguito il procuratore Cherchi, che a inizio udienza si è seduto accanto al pubblico ministero Andrea Petroni.
«Il processo è accertamento di responsabilità dei singoli. Questa è stata la posizione della Procura sin dall’inizio», ha concluso il procuratore di Venezia, «Il processo deve svolgersi nelle aule giudiziarie e vanno rispettati i diritti che anche l’imputato ha: la spettacolarizzazione di questi fatti che naturalmente colpiscono l’opinione pubblica per la loro gravità e naturalmente si inseriscono in contesti più ampi, non deve però snaturare il processo e i diritti connessi. Si tratta di una contestazione di omicidio premeditato, particolarmente grave. Il diritto di cronaca non si discute, ma non è spettacolarizzazione».
Filippo Turetta non è presente a questa prima udienza, come già aveva annunciato il suo avvocato difensore Giovanni Caruso. «Se Turetta non è presente in aula per la pressione mediatica, sarebbe grave», conclude Cherchi, «perché è un suo diritto partecipare e difendersi a un processo pubblico». Le foto
Pubblicato su La Nuova Venezia