La morte in bagno non era suicidio: la vittima registra l’audio dell’aggressione e incastra l’ex
Nicoleta Rotaru era morta il 2 agosto 2023 e quell’episodio pareva un gesto volontario. Il 42enne convivente dovrà rispondere di omicidio aggravato
Era stata trovata morta nella doccia del bagno di casa, ad Abano Terme, con una cintura intorno al collo: in un primo tempo si era pensato a un suicidio per il caso di Nicoleta Rotaru, 37 anni compiuti e due figlie piccole. Ma ora, a distanza di un anno dal fatto, per quel decesso avvenuto lo scorso agosto è stato arrestato il marito Erik Zorzi, camionista di 42 anni, accusato di omicidio aggravato.
L’arresto è avvenuto lo scorso 22 marzo, a opera dei carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Padova e del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo, che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Padova. La vicenda è stata resa nota solo in queste ore dal Corriere della Sera.
Zorzi comparirà per l'udienza preliminare il prossimo 17 settembre.
La svolta nell'inchiesta, condotta dai carabinieri, è avvenuta ascoltando l'audio del cellulare della donna, dal quale si percepisce chiaramente prima la discussione e poi la lotta che ha portato alla morte della stessa.
Quando i soccorritori, chiamati dal marito, sfondarono la porta del bagno, trovarono la donna rannicchiata a terra con una cintura di pelle stretta alla nuca. I solchi sul collo risultarono all'epoca compatibili con la cintura.
Da tempo la coppia viveva di continui litigi, al punto che la vittima aveva pensato di trasferirsi altrove con le figlie.
Ciò che l'assassino non aveva previsto è che la notte del 2 agosto 2023 Nicoleta registrò con il cellulare lo scontro con il marito e i rumori di lotta, suoni che gli investigatori hanno ritenuto compatibili con un'azione omicidiaria.
Proprio il clima teso nella coppia – i due si erano divisi e la donna viveva ancora in quella casa solo perché stava aspettando la conferma dell’indeterminato al lavoro – aveva portato la 37enne e tutelarsi registrando, con l’ausilio del telefono cellulare, i momenti accesi e i frequenti litigi tra i due.
E così aveva fatto anche quel 2 agosto: tornata a casa dopo una giornata con il nuovo fidanzato, la donna aveva acceso il registrato del telefono, appoggiandolo sul comodino del letto. Quanto raccolto da quel dispositivo, oggi, serve a incastrare l’ex compagno. L’audio ha raccolto tutto: le offese, i momenti concitati dell’aggressione, gli attimi successivi, l’arrivo del Suem e dei carabinieri.
Inizialmente il decesso era sembrato il frutto di un gesto volontario posto in essere anche in conseguenza del periodo difficile che la donna stava vivendo a causa della fine della relazione coniugale; in tal senso andavano le dichiarazioni dell’ex coniuge.
Le informazioni raccolte fra familiari e conoscenti della 39enne, che non riuscivano a spiegarsi un tale gesto, hanno però indotto gli inquirenti ad approfondire le indagini venendo a conoscenza di un quadro di tensioni familiari.
Però, come già anticipato, nella notte fra il 1 e 2 agosto la donna aveva tenuto acceso il registratore del suo cellulare captando tutte le fasi del suo omicidio e della conseguente messinscena del suicidio da parte dell’ex marito che, dopo una furiosa lite originata dalla sua gelosia, aveva approfittato del fatto che la donna si fosse assopita a letto e, sorprendendola nel sonno, l’aveva strangolata con una cintura per poi trascinarne il corpo nel bagno e inscenare il suicidio.
Tra gli elementi che avevano messo in dubbio la tesi del suicidio, inoltre, c’è anche la deposizione dei soccorsi: troppo facile, a detta dei sanitari, sfondare la porta del bagno in cui si trovava la donna.
Pubblicato su La Nuova Venezia