Neonato morto su nave, la madre 'Non volevo che Tyler morisse'
Donna risponde al giudice. Legale 'Temeva di essere licenziata'
GROSSETO, 23 MAG - L'aveva chiamato Tyler. E non voleva assolutamente che morisse. Lo ha ripetuto più volte al giudice dell'udienza di convalida la 28enne, nata a Manila (Filippine) che ha dato alla luce il bambino sulla nave da crociera Silver Whisper venerdì 17 maggio e poi ne avrebbe provocato la morte per una 'negligenza criminale'. La donna, sottoposta a fermo in carcere per omicidio volontario, è stata interrogata nel pomeriggio a Grosseto dal giudice Sergio Compagnucci. "È emerso - ha riferito l'avvocato difensore Giovanni Di Meglio - che la ragazza pensava di essere più indietro nella gravidanza e di gestire la situazione. Ma, dopo essere partita da Salerno ha partorito. Si è trovata di fronte ad una situazione molto difficile. E ha fatto quello che una persona come lei poteva fare, ovvero il miglior modo possibile". Per l'avvocato questo non "è bastato" ed "esclude del tutto" la possibilità di omicidio volontario, per lei e le altre due colleghe. "Si è presa cura del bambino fin dall'inizio, lo allattava e lo idratava. Lo puliva quando c'era bisogno - aggiunge - Ha usato assorbenti da donna perché altri non ne aveva. E poi non si dà il nome ad un bimbo che si vuole ammazzare". Sempre nella ricostruzione, la 28enne avrebbe "gettato durante la notte la placenta nell'inceneritore della nave. Se avesse voluto disfarsi di quel fagotto, non se sarebbe accorto nessuno durante la navigazione, approfittando anche del buio. Perché, appunto, non era nella sua volontà". La morte del neonato secondo Di Meglio è avvenuta per un "comportamento negligente, certamente non per il dolo", "ha tenuto nascosta la gravidanza perché altrimenti sarebbe stata licenziata - spiega -. Il suo stipendio gli permetteva di far vivere la sua famiglia nelle Filippine, sono sei persone". Le due colleghe, anche loro con l'accusa di omicidio volontario, si sono invece avvalse della facoltà di non rispondere. (ANSA).
Pubblicato su La Nuova Venezia