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Morta Anna, la triestina che aveva chiesto il suicidio assistito: è stata la prima in Italia a farlo con il Sistema sanitario nazionale

L’ultimo messaggio di Anna: “Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere”

TRIESTE «Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere». Anna, triestina da tempo affetta da sclerosi multipla, è morta lo scorso 28 novembre a casa sua, a Trieste, all’età di 55 anni, tramite autosomministrazione di farmaco letale.

La notizia è stata comunicata oggi, 12 dicembre, dall’associazione Luca Coscioni.

La procedura

Dopo aver atteso un anno dalla sua richiesta, Anna (nome di fantasia a tutela della privacy), è la terza persona in Italia ad aver messo fine alla propria vita tramite suicidio medicalmente assistito come previsto dalla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale; la prima cittadina a farlo con l’assistenza del Servizio sanitario nazionale, che ha fornito farmaco letale e quanto di necessario all’autosomministrazione dello stesso.

La procedura di suicidio medicalmente assistito è avvenuta sotto il controllo medico dell’Azienda sanitaria, nella sua casa a Trieste, circondata dai suoi cari.

Le ultime parole

«Anna è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò Anna» scrive la donna nella sua ultima lettera.

«Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere».

La battaglia legale

Anna mette così fine alle sue sofferenze dopo oltre tredici anni di malattia, la sclerosi multipla di cui è affetta dal 2010 e che da tempo le richiedeva, per sopravvivere, la continua assistenza da parte di terzi.

L’autorizzazione al suicidio assistito era infatti arrivata lo scorso 26 settembre dopo una lunga battaglia legale. Il 4 novembre 2022 Anna aveva chiesto ad Asugi di procedere con la verifica delle sue condizioni di salute per accedere al suicidio assistito. In assenza di risposte, la donna aveva dato mandato all’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni, di avviare una procedura legale «contro le inadempienze dell’Azienda sanitaria», il 7 giugno scorso con ricorso d’urgenza.

La pronuncia del Tribunale

Il 6 luglio, dopo la pronuncia del Tribunale di Trieste, Asugi è stata condanna a procedere entro 30 giorni alle verifiche delle sue condizioni. Il primo via libera è arrivato l’8 agosto, con la relazione della Commissione medica che confermava tutti i requisiti per accedere alla morte volontaria assistita. Il 26 settembre, infine, il parere positivo del Nucleo etico e il via libera a procedere con la morte volontaria sancita dalla “sentenza Cappato”.

Il caso di Anna presenta un tratto inedito nel panorama legale italiano, poiché per la prima volta è stato riconosciuto che l’assistenza continua da parte di terzi rientra nel requisito di «trattamento di sostegno vitale» ammesso dall’Azienda sanitaria, «in assenza del quale non potrebbe autonomamente sopravvivere».

I precedenti

Fino a oggi, prima di Anna, due sole persone avevano chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Federico Carboni, morto all’età di 44 anni nella sua casa di Ancona, il 16 giugno 2022, dopo una battaglia legale durate quasi due anni. E Gloria, in Veneto, paziente oncologia di 78 anni che il 23 luglio 2023 ha messo fine alle sue sofferenze. Gli appelli per Anna e le voci contro

Nel corso dei mesi sul caso di Anna di erano levate diverse voci. Dall’appello di Mina Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, moglie di Piergiorgio, per anni impegnato per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico in Italia, che aveva commentato così la battaglia della 55enne triestina:

«La signora Anna chiede che siano verificate le sue condizioni di salute per poter trovare pace. Soffre di una malattia, la sclerosi multipla che ha sintomi ed evoluzione molto diversi da persona a persona. La scelta di morire, alla fine, è molto personale. Ma c’è una sentenza che ha valore di legge. E andrebbe rispettata».

Anche il teologo Vito Mancuso, che si dichiara favorevole al principio di autodeterminazione per il fine vita, non si era sottratto a un commento sul via libera alla signora Anna di decidere sui suoi prossimi passi:

«Da sempre sostengo che il senso della vita umana consiste nella libertà. Sento dunque che quello che sta accadendo a Trieste rappresenta un passo avanti. Non siamo davanti a una decisione avventata, presa senza pensare, se consideriamo che la signora è affetta da sclerosi multipla ormai dal 2010 e ha a che fare con un corpo che la tradisce. Quella di Anna è una scelta consapevole, responsabile. Se si mettesse la mano sul cuore, la politica stessa capirebbe che il nostro tempo ha bisogno di una norma che consenta a ogni cittadino di potersi autodeterminare e che, anzi, lo aiuti a farlo».

Sul lato opposto, i vescovi delle Diocesi del Triveneto avevano manifestato tutta la loro perplessità» per l’accelerazione impressa da Friuli Venezia Giulia e Veneto le riflessioni sulle norme relative al fine vita.

«Si rimane perplessi di fronte al tentativo in atto da parte di alcuni Consigli regionali di sostituirsi al legislatore nazionale avevano scritto i vescovi, in una nota condivisa con la Pastorale della Salute con il rischio di creare una babele normativa e favorire una sorta di esodo verso Regioni più libertarie. Destano anche preoccupazione i pronunciamenti di singoli magistrati che tentano di riempire spazi lasciati vuoti dal legislatore».

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Pubblicato su La Nuova Venezia