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Vera Schiopu, il suicidio inscenato dopo l’omicidio e il fermo del fidanzato e un amico nella notte: così è morta la ragazza

Aveva 25 anni. Trovata impiccata in un paesino del Catanese. Secondo i carabinieri sarebbe una messinscena

CATANIA. «Presto presto, venite, è morta una donna, è morta la mia fidanzata, si è suicidata». La telefonata è arrivata sabato sera al 112, una voce maschile, non italiana, che parlava di un corpo impiccato in una casa di campagna nella piana di Catania, tra due paesi che si chiamano Ramacca e Paternò, in contrada Sferro. I carabinieri della compagnia di Palagonia sono accorsi sul posto e hanno trovato il cadavere di una venticinquenne moldava, Vera Schiopu, appesa a un cappio in un casolare isolato e malmesso. E accanto a lei, il suo compagno, un romeno trentenne che lavora come manovale in zona, con il quale pare che convivesse. Apparentemente un suicidio, come ribadito dall’uomo, che ha raccontato di una fase difficile della vita della ragazza, pur mostrando sorpresa per quella scelta estrema.

Ma i carabinieri hanno notato che qualcosa non tornava, dubbi confermati dal nucleo investigativo del comando provinciale di Catania. Troppe incongruenze nella ricostruzione dei fatti, troppi tasselli che non combaciano riguardo alla posizione del corpo, qualcosa di sospetto nei rilievi scientifici.

Quel suicidio non sarebbe un suicidio, ma a loro giudizio una messa in scena. Così il manovale è stato fermato, insieme con una connazionale che aveva dato sponda alla sua versione e che - secondo gli inquirenti - potrebbe averlo aiutato. Concorso in omicidio, l’accusa.

Indaga la procura di Caltagirone, che ha imposto il massimo riserbo su questo giallo che sembra uscito dalla penna di Camilleri, e su cui sembra difficile fare luce. Già, perché la giovane morta, una bella ragazza dai capelli neri che sorride sui suoi profili social, sembra appartenere a quella schiera degli invisibili che ci camminano accanto. Pochi, pochissimi i contatti con la gente del posto, difficile trovare amici o testimoni delle loro vite, tanto più del loro rapporto. L’unica cosa certa è che non risultano denunce precedenti o segnalazioni di litigi. Il resto è un buco nero, a partire dal movente.

Ci sono però alcuni elementi emersi dalle testimonianze dei due indagati che non tornano. E soprattutto, la presenza di escoriazioni sul corpo della 25enne che sarebbero incompatibili con il suicidio. Sarà l’autopsia disposta dalla Procura di Caltagirone a fare chiarezza. Ma nonostante i due indagati abbiano respinto ogni accusa, proclamandosi innocenti, nulla in quello che hanno detto torna agli investigatori.

Nella Sicilia ancora sotto choc per lo stupro feroce di Palermo - sette ragazzi su una diciannovenne - dove il presidente della Regione ha annunciato la costituzione di parte civile al processo, un altro presunto femminicidio si aggiunge a una lista già lunghissima.

La vicenda di Vera Schiopu rievoca da vicino quello di Valentina Salamone, la 19enne trovata morta con una corda intorno al collo il 24 luglio del 2010 in un casolare ad Adrano e per il cui omicidio è stato definitivamente condannato all'ergastolo Nicola Mancuso, 36 anni, sposato, che aveva una relazione con la vittima. L'uomo si è sempre proclamato innocente. Tra le analogie tra i due casi anche la presenza di un complice nel delitto, che nell'omicidio Salamone non è stato mai identificato. Anche in questo caso una giovane donna, un casolare isolato, un cappio al collo e una presunta messa in scena. Di Vera, poi, bisogna ricostruire la storia: quando è arrivata in Italia? Che cosa faceva qui visto che non risulta lavorasse? E soprattutto, perché sarebbe stata uccisa? —

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Pubblicato su La Nuova Venezia